Roy Orbison and Friends “Black & White Night”
By Calandrino
Roy Orbison singing for the lonely, cantava Bruce Springsteen in “Thunder Road”, manifesto della sua poetica stradaiola fra rock, West Side Story e personaggi che cercano di non perdere. Roy era il Numero Uno, nel cantare le sconfitte con la sua voce da Caruso prestato al rock’n’roll, di cui è stato uno degli eroi e dei fondatori: era uno dei quattro, nel “Million Dollar Quartet”. Si confrontava con Presley e Johnny Cash, non con Lady Gaga o Miley Cyrus. Un’icona.
Ma mentre Chuck Berry faceva il “passo dell’anatra”, Elvis muoveva il bacino turbando le ragazzine e Jerry Lee Lewis violentava il piano, Roy se ne stava immobile sul palco, come una quercia. Anche la bocca si muoveva appena, tanto che nessuno è riuscito a capire come potesse uscire, un suono così, da quella fessura.
Un po’ come accade con certi mini-diffusori, ma con Roy c’era tutto, bassi, medi e acuti da frantumare un bicchiere, come nella pubblicità delle cassette Memorex. Difficile non rimanere ammirati dalla sua figura. Lo furono i Beatles, con i quali fece un tour inglese nel 1963. Il suo nome era ancora il più grande, sui manifesti. Lo furono i Rolling Stones, con i quali condivise un tour in Australia, nel 1965.
Lo furono un po’ tutti. E’ noto che Elvis non fosse prodigo di complimenti, da Re del Rock’n’roll, quando incontrò i Beatles, li trattò con sufficienza. Ma quando sentì Roy Orbison cantare “Only The Lonely” andò subito in negozio, narra la leggenda, per comprare una pila di 45 giri da regalare agli amici. Roy Orbison cantava per i solitari, è sempre stato così, agli antipodi dell’aggressività e del machismo che hanno sempre distinto la “musica giovane”.
E per cantare le sconfitte preferiva vestirsi di nero, come l’amico Johnny Cash, e in un certo senso finì per evocarle. La sua vita fu caratterizzata da alcune tragedie familiari, di cui vi risparmiamo i dettagli, e per aggiungere onta all’ingiuria la sua carriera cadde velocemente nell’oblio. I tempi erano cambiati, non c’era più spazio per un piccolo uomo immobile, con la voce da gigante. Fu recuperato dapprima da David Lynch, che fece de “In Dreams” il tema principale di “Velluto Blu”, poi vennero i Traveling Wilburys con Bob Dylan, Tom Petty, George Harrison e Jeff Lynne, e un album deluxe – “Mystery Girl”- con i vari Bono e Elvis Costello a scrivere per lui, uscito postumo nel 1989.
Ma il momento forse più esaltante della sua rinascita fu uno show televisivo trasmesso il 3 gennaio 1988, ma registrato live il 30 settembre 1987 all’Ambassador Hotel’s Cocoanut Grove Nightclub di Los Angeles, uno spettacolo pubblicato nel tempo in diversi formati, oggi disponibile sia come Blu-ray che come cd, quest’ultimo ad un prezzo da discount. I superlativi vanno usati con parsimonia, ma ad accompagnare Roy Orbson, quella sera, c’era un gruppo di musicisti fra i più incredibili della storia, se non il più incredibile.
Come gruppo di accompagnamento la celebre TCB Band, la formazione ufficiale di Elvis Presley di cui riprende il motto “taling vcare of Businness”, con tanto di James Burton. Ai cori k.d. Lang, Jennifer Warnes (si, quella amatissima dagli audiofili per “Famous Blue Raincoat”) e Bonnie Raitt. E poi Jackson Browne, J.D Souther, Tom Waits, Elvis Costello, Bruce Springsteen, quel T-Bone Burnett che ha appena realizzato la colonna sonora capolavoro de “A Proposito di Davis”.
Sarebbe stato logico attendersi una guerra fratricida all’urlo di io! io! io!, una lotta per mettere in mostra il proprio Ego sanguinosa come gli Hunger Games. E invece no, tutti felici e contenti con un’unica preoccupazione: dare il massimo per onorare Roy Orbison, che è davvero l’unico, grande protagonista della serata. Tanta disciplina lascia strabiliati, le canzoni sono eseguite con una perfezione degna della band di James Brown, come se fossero state suonate ogni sera per anni e anni.
Non c’è una sbavatura ma la musica è tutt’altro che ingessata come dimostrano i fuochi pirotecnici di “Oh, Pretty Woman”, la sua canzone del 1964 nota anche fra i tagliatori di teste del Borneo per aver dato il titolo all’omonima pellicola con Richard Gere e Julia Roberts.
Ma è nelle ballate lente, o piuttosto lente, con titoli che ricordano la fine di una storia d’amore (It’s Over), le lacrime versate invano (Crying), le corse senza energia, completamente svuotati (Running Scared). La sconfitta non ha mai avuto una voce più bella di quella di Roy Orbison.
Per ascolti e infoemail: sophoshiend@gmail.comBruno Fazzini – tel. + 39 347 1402138 |
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Roy Orbison and Friends “Black and White Night”, Blu-ray o cd Universal, prodotto da T-Bone Burnett
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“Only the Lonely“
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“Dream Baby”
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“Blue Bayou“
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“The Comedians”
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“Ooby Dooby”
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“Leah”
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“Running Scared“
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“Uptown”
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“In Dreams“
10. “Crying“
11. “Candy Man”
12. “Go Go Go (Down the Line)“
13. “Mean Woman Blues“
14. “Dream You”
15. “Claudette”
16. “It’s Over“
17. “Oh, Pretty Woman“
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Roy Orbison: Lead Vocals, Guitar, Harmonica
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Glen D. Hardin: Piano
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James Burton: Lead guitar
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Jerry Scheff: Upright Bass
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Ronnie Tutt: Drums
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Jackson Browne: Backing vocals
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T-Bone Burnett: Acoustic Guitar
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Elvis Costello: Acoustic Guitar, Electric Organ, Harmonica
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k.d. lang: Backing Vocals
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Bonnie Raitt: Backing Vocals
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Steven Soles: Backing Vocals
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J.D. Souther: Backing Vocals, Acoustic Guitar
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Bruce Springsteen: Guitar, Vocals
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Tom Waits: Electric Organ, Acoustic Guitar
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Jennifer Warnes: backing vocals
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